Kâ, una volpe impacciata
La tana era un posto soffice e caldo, rivestito dei ciuffetti di pelo portati da mamma e papà all’inizio della primavera. L’umidità non riusciva ad entrare e tra il legno delle radici della Grande Quercia c’era stato abbastanza spazio per tutti durante l’intera estate. Con la bella stagione, la piccola Kâ e i suoi fratellini erano rimasti molto all’aperto: giocando, esplorando e imparando a cacciare. Ora che gli alberi cominciavano a cambiare colore, si respirava un’aria diversa.
Era l’aria di settembre, ma la cucciolata ormai quasi adolescente di volpacchiotti e volpacchiotte non sapeva i nomi dei mesi: c’erano ancora tante cose che non conoscevano, questi cuccioli ormai pronti per affrontare da soli il mondo. Pronti… o quasi!
“Mamma, Kâ ha sbagliato a saltare anche stavolta!” disse Urgo, il primo della cucciolata in tutto, dal seguire una traccia all’orientarsi nel fitto del bosco.
“È vero mamma, l’ho vista anche io!” aggiunse Ghiù, la cucciolotta con la coda più bella e folta del gruppetto rumoroso, che ormai si stava riunendo al completo all’ingresso della tana sotto la Grande Quercia.
Mancavano solo Dieresis – quello bravo a imitare i versi degli uccellini – e la nostra piccola protagonista appunto, la più maldestra. Mamma e papà si scambiarono un’occhiata d’intesa, ma invitarono i cuccioli a tacere mentre si radunavano.
Kâ arrivò per ultima, un po’ mogia come se si trascinasse sulle zampette. Le orecchie aguzze leggermente abbassate in punta e il musetto triste. I genitori li aspettarono tutti, fecero la ricognizione di come era andata la nottata e poi li misero a nanna. Il giorno fuori stava nascendo, i colori tutti attorno a loro crescevano in intensità e la cucciolata dopo qualche tramestio 4 si mise finalmente a dormire. Gli scoiattoli sui rami sopra ripresero il trambusto del mattino.
“Piccola, vieni fuori un momento!”
Papà volpe era bello, con il manto leggermente più scuro di quello della mamma e una cicatrice sulla zampa sinistra, dove era rimasto intrappolato un paio d’anni prima in una di quelle tagliole che alcuni uomini ancora usano per catturare le volpi. Kâ, che non era riuscita a prendere sonno, uscì con lui e si sedette su una radice che emergeva dal terreno. Il papà cominciò a parlare:
“Lo so come ti senti. Tutti i tuoi fratelli hanno ormai imparato a cacciare. C’è chi è più bravo a nascondersi per sorprendere le prede, chi riesce a distrarle ingannandole e infine chi salta su di loro atterrando dall’alto. Io lo so Kâ che tu fai fatica a saltare come gli altri. Ti ho vista mille volte provare con tutte le tue forze senza mai balzare sul tuo bersaglio.”
Il musetto della volpacchiotta si fece ancora più mogio.
“La prossima notte succederà qualcosa di speciale. Quando vi sveglierete, io e la mamma vi saluteremo. È giunto per voi il momento di mettere in pratica quanto avete imparato in questi lunghi mesi: dovete andare nel vasto mondo e cavarvela da soli. So che non sarà facile, per te ancora meno degli altri. La Grande Legge dice che né io né la mamma ci potremo essere per aiutarvi. Per questo ti volevo parlare: il bosco ha le sue regole, spesso ferree, ma non rifiuta mai un aiuto a chi lo sa chiedere. Buona fortuna figlia mia!”